Rimini | Sanatoria immigrati, i sindacati: un flop annunciato
E’ scaduto lunedì il termine per regolarizzare i lavoratori extracomunitari in nero. A Rimini le ‘dichiarazioni di emersione’ per il 2012 sono 610 per il lavoro domestico e 79 per il lavoro subordinato, per un totale di 689 richieste di regolarizzazione. Bottino magro se confrontato alla precedente campagna del 2009 quando, fa notare la Cgil, l’operazione consentì 1.912 regolarizzazioni (tutte per il lavoro domestico) praticamente più di tre volte tanto.
“A far fallire le regolarizzazioni è stato il modo in cui è stata scritta e concepita la normativa, creando vincoli insormontabili. Anche per questo, insieme alle associazioni che compongono il Tavolo Nazionale Immigrazione avevamo chiesto una proroga, non concessa, dei termini di scadenza fino al 15 novembre del 2012”, spiegano dalla Cgil regionale.
Tutti i limiti della sanatoria si sono visti bene nelle scorse settimane anche al Caf della Cisl a Rimini. “Il problema è stato nei documenti richiesti al lavoratore per dimostrare di essere in Italia da prima del 31 dicembre 2011. Si richiedeva un documento rilasciato da un ente pubblico, che poteva essere la tessera sanitaria temporanea, o un certificato del pronto soccorso, una multa oppure il timbro di ingresso da un aeroporto italiano”, spiega Sek Papa Modou senegalese che ha seguito la regolarizzazione per la Cisl. “E’ stato un problema in quanto molti lavoratori questi documenti non li hanno proprio perché, essendo irregolari, hanno cercato di fare di tutto per non averli. E’ verosimile che in queste condizioni sia il 95 per cento degli immigrati irregolari. Più o meno a Rimini un migliaio di persone”.
Alcune questioni, hanno riguardato, invece, il reddito dichiarato dal datore di lavoro, che non poteva essere inferiore a 20mila euro se in casa lavora solo uno e a 27 mila se in casa lavorano in due. Più facile regolarizzare la badante: bastava il certificato di invalidità dell’assistito. Si è visto anche nell’esito della campagna.
“C’è poi il costo per i datori di lavoro – continua Sek – che avrebbero dovuto prima pagare un contributo forfettario di mille euro tramite f24 e dichiarare che almeno dal 9 maggio 2012 quella persona sta lavorando in nero lì, pagare almeno sei mesi di contributi”.
Ed è così che il mese di per l’emersione si è trasformato nel pellegrinaggio quotidiani ai caf di datori e lavoratori che continuavano a chiedere se il governo, per caso avesse cambiato le regole.